Io invece alla morte non ci penso mai. La temo per gli altri, non per me, ma solo perché sono egoista. Un attimo sei vivo e quello dopo sei morto, perché avere paura di una cosa di cui nemmeno sarai cosciente.
Invece ho paura della violenza. Del panico indotto da una minaccia. Dell'odore del sangue. Della rottura. Del peso delle cose che restano senza chi le usi più. Di vedere quella casa buia sempre più spenta. Di restare sola e senza rete. Di non avere mia madre che mi rammenda un maglione con quelle cuciture invisibili. Di non avere mio padre che s'ingegna a riparare o costruire qualsiasi cosa. Questo loro aggiustare le cose, risolvere, riparare, sapere cosa fare. Servire con autorità i propri figli, finché poi i ruoli non si ribaltano. E così quando il genitore si rompe, allora sei tu, figlio, a doverlo riparare. Non nel senso di aggiustare ma di proteggere. Dalla sofferenza, dalla malattia, dalla discesa della vita. Amare è riparare.
Qualche tempo fa ero a casa dei miei, si prendeva il tè. Papà era andato al Monumentale, questioni burocratiche. Riesumazione delle ceneri dei miei avi, per far posto ad altri morti delle attuali generazioni nella stessa tomba. Accorciamento dell'epigrafe esistente, per i nomi dei nuovi arrivati. Sennò non ci stanno tutti, fa mia madre. Lo diceva con quella tranquillità di chi ha già elaborato i suoi lutti fondamentali, come in una rassegnazione orfana. Io la guardavo con un distacco scettico, un po' ridevo anche. Cosa devi fare quando ti dicono una cosa del genere. Verranno sepolti al Giardino di Levante, tomba n. 319. Insieme ad altri parenti, sono andati a prenotare il loro ultimo indirizzo. Come se si fossero presentati alla morte in persona, le avessero stretto la mano e poi arrivederci a chissà quando, prima o poi. Oh, ci becchiamo eh.
Quello che mi stranisce è che anche la morte è piena di cose pratiche. Ti devi prenotare la tomba da vivo, e poi quando arriva il momento ci sono i certificati di morte, le pompe funebri: di che legno si vuole la bara, che fiori metterci sopra. Rose rosse, rose bianche, un misto di tutto? Se ne escono con certi cataloghi ad anelli, le foto inserite in camicie di plastica, e tu che non sai cosa rispondere.
Io della morte di mio nonno, l'unica che ho vissuto di persona, ricordo soprattutto due cose: l'inaspettata rigidità delle mani quando gliele ho strette qualche minuto dopo che aveva esalato l'ultimo respiro, e il rumore delle viti che chiudevano la bara, udito dalla stanza di fianco. In quel momento capii. Non aveva più bisogno di aria, di luce, di noi. Avvitato alla morte, chiuso dentro, riparato per sempre.
Anche lui sta al Monumentale, vicino a mia nonna. Saremo tutti là, un giorno, al 319? RSVP.
Cimitero Monumentale, Milano - 12 Gennaio 2014 |
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