The special need, lungometraggio di Carlo Zoratti, 2013.
C'è sempre da stare attenti quando si fa un post su un film, per non rovinare la visione a chi volesse procedere dopo la lettura. E non solo per quanto riguarda la trama, ma soprattutto per non prevaricare sulle emozioni altrui attraverso le proprie, che sono sempre un fatto personale che va a intessersi con il proprio vissuto. Ho deciso di parlare di The special need perché ha fatto risuonare domande che mi sono sempre fatta.Ho un cugino affetto da sindrome di down e, seppure con relativa incostanza, siamo cresciuti insieme. Tra un paio di mesi compirà trentotto anni, ma è solo un numero. Il suo spirito sembra essere lo stesso da sempre. È uno showman, gli piace stare al centro dell'attenzione, è divertente, una vera forza. Quando i miei nonni mancarono, si trasferì con la famiglia nell'appartamento che era stato il loro, di fianco a quello dei miei. La finestra della sua camera, al primo piano, affacciava sull'ingresso del palazzo. Spesso, rientrando, mi capitava di vederlo in piedi dietro il vetro chiuso, a guardare fuori. Serio. Come assente. Mi sono sempre chiesta a cosa pensasse in quei momenti, quando non era in mezzo alla gente a fare il brillante. In tutti i giorni dell'anno in cui non c'era qualcosa da festeggiare, nelle lunghe ore in cui non c'era nessuno in casa.
Ha sempre avuto un po' un debole per me, mi diceva che ero bellissima e che ero la sua sposa. Non moglie, ma sposa. Poi ha smesso. Ma quando lo faceva io me lo chiedevo lui che idea avesse dell'amore, della donna, della compagna. Cosa sentiva, la sua pulsione era uguale a quella di tutti gli altri? Quanto speciale, o normale, era il suo bisogno? Me lo chiedo ancora oggi. Non ho mai osato domandarlo a lui.
Quello di Zoratti è un documentario che ha come protagonista Enea, un trentenne autistico che intraprende un viaggio, fisico e interiore, insieme a due suoi cari amici. La meta è quella più appassionante, destabilizzante ed eternamente misteriosa: la donna. "Bisogno", recita il titolo. Perché non si tratta solo di un desiderio, ma di una vera e propria necessità, quella di ogni essere umano - e in questo caso di un maschio - di conoscere l'amore, viverlo e goderne, con tutta la confusione che è propria di questo universo così delicato. Enea è proteso, con gioiosa ed erodente curiosità, verso un mondo da cui si sente (ed è, di fatto) respinto. Nonostante tutto, i suoi slanci sono ostinati, la sua fede non è mai davvero rotta dalla frustrazione.
Disabile è la parola che utilizzano i suoi due amici per riferirsi alla sua condizione, ed è qualcosa di cui personalmente non so molto e su cui preferisco non avventurarmi troppo qui, ma il racconto molto ben fatto del film induce a porsi diverse domande in merito. Fino a che punto Enea è cosciente della propria diversità, quanto è in grado di conciliare dentro di sé le risposte che il mondo dà alle sue domande, sia quelle del corpo che quelle della mente? Perché il corpo domanda anche per un disabile. Credo che nessun istinto dell'essere umano capace d'intendere e di volere cessi di pulsare nonostante tutto, e men che meno lo fa quello che porta ognuno alla ricerca di un compagno di vita. Cos'è che vuole Enea? Perché cerca una donna, veramente? La risposta arriva da più parti, nel film. Come suggerisce una voce femminile, il bisogno speciale va ben oltre quello di "svuotare il sacco", sessualmente parlando. Al contrario, Enea vuole riempirsi. Vuole una donna da amare, baciare, tenere per mano. Una che sia la sua. Una compagna. Ed è spiazzante come questo gli sia chiaro, così come è chiaro che il suo bisogno non sia il frutto di un condizionamento socio-culturale: non cerca una donna perché è ciò che fanno tutti intorno a lui, ma perché è il suo istinto, il suo io profondo a chiederglielo. E la sua ricerca è di una tenerezza senza pietismi, toccante, delicata e sincera. Anche goffa, incerta, agrodolce.
Il salto che il film ha il merito di fare è l'estendere tutto questo oltre i confini della disabilità, rendendo in fondo tutti uguali nei loro dubbi, nel valore dell'esperienza e nel contatto d'amore. Una bella impresa, e che impresa.
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