Ma soprattutto il mio cuore accoglie una nuova sorellina, Francesca, detta anche Checchina. Guardarla negli occhi è come entrare in un luogo sconosciuto e noto al tempo stesso. Toglierle l'anello questa mattina, alla mia partenza, è stato come levarle tutto il dito. Avrei voluto che lo tenesse ancora, soprattutto adesso che le vorrei essere vicina più che mai. Ieri mi ha dato un biglietto nel quale ho letto una delle frasi più toccanti che mi abbiano mai detto. La forza di questo non so che tra noi è incomprensibile e inspiegabile. Ho scelto di fotografare sempre lei e, nelle tre sessioni che ci hanno visto insieme, tutte queste sensazioni sono emerse con naturalezza e cresciute velocemente, sprigionando nella nostra interazione un'energia purissima, che nulla aveva a che vedere con la contrapposizione fotografo-modella. Eravamo sullo stesso piano, in una dimensione dove svelarci e metterci a nudo reciprocamente. La macchina fotografica non esisteva, non ci guardavo nemmeno dentro mentre scattavo: mettevo a fuoco ed uscivo da dietro quell'oggetto per guardarla senza filtri e mantenere il contatto, la magia che si andava liberando nell'aria. Senza pensare, ma seguendo semplicemente quel qualcosa di più alto che Settimio mi ha insegnato a riconoscere ed alimentare, ho fissato sul sensore non un'immagine ma una persona. Questa è l'essenza del ritratto ed è questo ciò che voglio fare in fotografia. Francesca è stata la donna che, con la bellezza della sua intelligenza, mi ha fatto trovare tutto questo dentro di me nell'istante esatto in cui doveva uscire. L'ho salutata poche ore fa e mi manca già moltissimo.
Eccola, la prima volta che l'ho fotografata.
Sotto la mia pelle c'è poi un nuovo fratellino, Giorgio. Lui mi ha capito senza aver bisogno di sentirmi parlare. Sa esattamente cosa sta succedendo dentro di me in questo periodo e mi ha sempre offerto la sua spalla quando i denti dell'incertezza affondavano nella mia tenera carne con maggior crudezza. Pur essendo ben più giovane di me, ha una testa che riesce a comunicare con la mia a tutti i livelli, dal più scherzoso al più serio. Ho ascoltato la caparbietà nei suoi occhi parlanti e incisivi, ho contemplato la profondità e la forza dei suoi principi, ho constatato l'entusiasmo consapevole con il quale affronta la propria vita e le scelte che essa ci impone. Ho perso senza un reale motivo l'occasione di frequentarlo durante l'ultimo anno a Milano; ora che si trasferirà so che continueremo a sentirci, ma non potremo vederci e questo mi dispiace perchè il modo in cui trasmette se stesso dal vivo attraverso la sua gestualità è ineguagliabile. Ieri ci siamo ritagliati un'oretta per un ritratto, mentre il sole scendeva sulle colline per infilarsi nella piega del mio ginocchio. Sappiamo che non dimenticherò quello che ha ascoltato con me quel prato caramellato, perchè potrò riguardarlo ogni volta che vorrò.
Qualche doverosa parola anche su Settimio. Lo conoscevo già, ma ovviamente passarci un'intera settimana insieme, dalla partita di pallavolo la mattina presto fino alle chiacchiere notturne passando attraverso il fitto setaccio delle sue sessioni "didattiche" diurne in limonaia (la nostra "sede operativa")... beh, è un'altra cosa. Adoro il suo essere simpatico e spiritoso ma anche duro e tagliente, il modo in cui ti butta in faccia le cose scuotendoti dalle tue abitudini mentali piene di ragnatele. Si è messo in gioco in modi che lui stesso non aveva mai sperimentato, con l'unico scopo di far arrivare il messaggio in mille maniere diverse. Si è speso fino allo stremo nei salti senza rete che ha fatto con noi in limonaia. E quanti ne ha fatti fare anche a noi, regalandoci sensazioni mai provate prima. Grazie a quelli siamo diventati le persone che siamo oggi, diverse rispetto a una settimana fa.
La frase con cui ha aperto il workshop è stata "Ho due notizie per voi, una buona e una brutta. Quella brutta è che non vi insegnerò nulla. Quella buona è che non avete nulla da imparare". Abbiamo recepito moltissimo, ma non ha mai avuto atteggiamenti impositivi o intenti didascalici: tutto è uscito da noi grazie alla sua maieutica. Ci ha offerto la visione di un ribaltamento totale dell'atteggiamento verso la fotografia - sebbene poi il discorso vada anche al di là di quest'ultima - e sono certa che nessuno di noi sette d'ora in poi farà le cose allo stesso modo di prima. La forza di Settimio sta nell'estrema sincerità del suo modo di proporsi, nella trasparenza dei suoi pensieri, nella semplicità disarmante dei suoi punti fermi, nella capacità di mischiare l'alto e il basso senza mai annoiare. E' un bravissimo comunicatore, sembra nato per farlo. Sa coinvolgere, far riflettere, mettere in discussione. Grazie a quest'affettuosamente severa guida ho oltrepassato il punto di non ritorno, posando un altro importantissimo tassello nella mia formazione di fotografa e non solo.
Infine, il progetto. Direi che questa è stata la parola chiave della settimana. In un percorso variegato e intenso, ricco di crisi e prese di coscienza, ognuno di noi ha realizzato un lavoro finale, da proiettare l'ultima sera insieme a tutti quelli dei partecipanti degli altri sei workshop. Ad ogni docente è stato richiesto di portare in commissione la foto e il progetto migliori all'interno del proprio gruppo, per sottoporle a votazione e decretare le due vincitrici. Poco prima di consegnare la sua decisione, ci ha comunicato apertamente le proprie scelte in limonaia. Meritatissima la qualifica di miglior foto per Mario, che ha esplorato il tema dell'abbandonarsi con una serie di foto in cui la modella si lasciava cadere dopo grandi balzi nell'erba alta, fiduciosa che qualcosa o qualcuno l'avrebbe protetta dal farsi del male. Pulite, essenziali: un paesaggio collinare in controluce e Francesca che con una performance degna di una ginnasta si buttava a destra e a sinistra senza risparmiarsi, creando figure di una plasticità meravigliosa. Poi, le parole che difficilmente dimenticherò: "Per il miglior progetto ho scelto invece quello della Stella". E' una storia che gli è piaciuta subito, alla quale sono stata felice di aver lavorato in totale autonomia, nonostante non sia stata per niente facile da realizzare. Quando con Francesca e Giorgio siamo arrivati al campo della famosa quercia con il nostro lenzuolo bianco, alle prime prove d'interazione modella-ombra di lui, ci siamo subito resi conto... che era un gran casino. Giocando con i movimenti delle mani abbiamo però trovato la chiave e da lì non ci siamo più fermati. Alla fine è arrivato Settimio in macchina e senza scendere mi ha chiesto come andasse. Io stavo guardando le foto ed ero a circa metà della visione, per cui ho tentato di tornare verso le ultime, più intense. Lui però si è fatto subito passare la macchina, dicendo con il suo tono scherzosamente sbrigativo "Non me ne frega un cazzo, fammi vedere". Gliel'ho passata, con una certa ansia. Ha scorso alcune miniature e dopo qualche secondo mi ha detto "Va bene". Ha rimesso in moto e se n'è andato senza aggiungere altro. La cosa mi ha dato grande soddisfazione, perchè avendo assistito ad alcuni shooting degli altri era capitato frequentemente che facesse rifare tutto il lavoro daccapo. Tra la sera e la mattinata successiva ho selezionato e postprodotto 14 immagini una più bella dell'altra. Ho ancora in mente le esclamazioni entusiastiche di Settimio nel vederle. Insomma, come ha commentato giustamente Giorgio, anche questa sua scelta ricaduta su di me è in qualche modo un segnale che qualcosa c'è in me, nonostante i miei mille dubbi e timori. A dire il vero, il sospetto che io e Mario avessimo fatto un lavoro che gli era piaciuto l'avevo avuto un po' prima, quando aveva deciso la sequenza dei vari progetti nel suo slideshow, con me in apertura e Mario in chiusura. Però questo non ha minimamente scalfito l'emozione e la sorpresa del momento in cui l'ha detto... non ho potuto fare a meno di abbracciarlo.
Sono stata molto felice anche della visibilità nei confronti degli altri docenti chiamati a votare, tutti importanti fotografi di ogni parte del mondo. Settimio ci ha rivelato che le votazioni sono state molto dibattute: sia io che Mario abbiamo avuto in prima battuta un ex-aequo con quelli che poi hanno vinto, perdendo al ballottaggio per un solo punto. E così la piccola stellina, zitta zitta, ha "sbaragliato" una quarantina abbondante di fotografi... beh, meno uno :-)
Bellissimo resoconto (questo e le altre lettere dal TPW). Hai fatto capire perfettamente ad uno che non c'e` stato quanto si e` perso, fotograficamente ma soprattutto umanamente.
RispondiEliminaGrazie Lawrence. Trovi altre mie riflessioni sul TPW nel blog di Toni Thorimbert, a questo link:
RispondiEliminahttp://tonithorimbert.blogspot.com/2010/07/toscana-photographic-workshop.html
Eh eh e` dal suo blog che ho scoperto il tuo ;-) Grazie ancora!
RispondiEliminaGiusto! Adesso ti ho visto :-) A presto!
RispondiEliminaFrancesca è una di quelle persone di cui ti innamori totalmente al primo sguardo, e quando la vedi su un set fotografico non riesci a staccarti dai suoi occhi e dalla loro profondità.
RispondiEliminaComplimenti per il vostro progetto, è veramente eccezionale! Mi ha colpita subito enormemente! Ottimi scatti, eccezionale l'idea e fantastica interpretazione!
Grazie Monica! Sono davvero molto legata a quel progetto, fa parte di me nel profondo. Francesca ha saputo sentirlo e interpretarlo alla perfezione, meglio di quanto avrei mai potuto immaginare. Tutto quello che dici di lei è assolutamente vero: è magnetica come poche altre persone al mondo. Lo è per la sua innegabile bellezza, per il mondo meraviglioso che ha dentro, per la sua sensualità che incarna l'idea della donna per eccellenza, per l'immensa generosità con la quale si dona agli altri, per la disarmante tenerezza e vulnerabilità dei suoi occhi parlanti. E' semplicemente impossibile non adorarla.
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