mercoledì 16 febbraio 2011

L'orologio in rosso

In giornate come questa scriverei un intero libro. Nonostante la luce al neon, la presenza dei colleghi nella stanza e un lavoro aberrante che si avvicina inesorabile come l'alta marea, cerco di ritornare là fuori, sul ponte Cavour; a quando, qualche ora fa, ero.

Finalmente a Roma piove e io trovo, nella calma rilassata del mio camminare sotto queste gocce, il perfetto accordo con il mio interno. "Com'è musicale tutto questo", penso. Sul ponte Cavour il vento soffia sempre, cambiando direzione ogni secondo. Ciocche di capelli si alzano come tirate da fili invisibili, finendomi immancabilmente sul viso, impedendomi la vista e prendendo pieghe inusuali. A volte capita che i capelli mi facciano sentire estranea a me stessa: basta che si sposti la riga, anche di poco, e percepisco un netto cambiamento sul mio cranio. Come se avessi confuso il sale con lo zucchero. Ora, mentre cammino sotto l'ombrello, vedo i miei riccioli volarmi davanti agli occhi e sento la gonna alzarsi a scoprire le gambe rosso fuoco. Questa mattina ho indossato il mio colore preferito e lo sento scaldarmi il pensiero anche da sotto la giacca. Le note di un pianoforte mi ticchettano nelle orecchie con sincopata regolarità, prima ancora che possa scoprire che il pezzo che sto ascoltando, adesso per la prima volta, s'intitola proprio L'orologio.