giovedì 23 ottobre 2014

MIFA 2014

Io sono di quelli che suonano senza farsi sentire.
Mai piaciuto mettermi in mostra nelle cose che facevo, anche se riuscivano bene.
Within è un progetto cresciuto mentre scrivevo il blog, e ogni ritratto aveva un post dedicato. Perché il ritratto è un'esperienza, e ognuno è diverso.
Scattavo in pellicola in giro per l'Italia e sviluppavo tutto in un laboratorio di Roma, il Lab Corvaglia. Fu quindi Luciano, guardando i provini, il primo a vederlo. Ancora prima di me. Poco prima che fosse finito, mi propose di esporlo nell'ambito del Darkroom Project a Muro Leccese, ma per vari motivi non potei farlo. Così Within restò sul mio sito, che è come a dire nel cassetto, insieme ad altri lavori. Finché non decisi, un paio di mesi fa, di partecipare a un concorso. È risaputo che le aspiranti dei concorsi di bellezza dicano spesso di essere state iscritte da un'amica, o una sorella, a loro insaputa. Non so quanto ci sia di vero in questo, ma in un certo senso anche per me è andata un po' così. Perché quelli come me vanno un po' spinti. Non si può sempre suonare nelle stanze vuote, prima o poi qualcuno ti sente. Prima o poi qualcuno le tue foto le vede e dà loro un valore che va al di là di quello personale di chi le ha scattate.

E così ieri sera, quando non ci pensavo neanche più, ecco arrivare per vie traverse la notizia inaspettata: menzione d'onore ai Moscow International Foto Awards, categoria ritratti. Per Within.
Ho aperto il link e quei volti - solo otto in questo caso, limite massimo per le serie - stavano lì a guardarmi dalla pagina di un sito che non era il mio. Come fossero a casa di altre persone, anzi in mezzo a una piazza. Insieme ad altri lavori veramente validi. Insieme alla menzione speciale data anche a chi mi ha spinto a partecipare e aiutato nell'editing. Le cattive notizie non arrivano mai da sole, ma neanche le buone :-)

http://moscowfotoawards.com/winners/zoom.php?eid=10-2365-14


Last but not least, ringrazio tutti i miei soggetti. 
Condivido con voi questa mia soddisfazione personale: Filippo Nocera, Giangiacomo Pepe, Marco Onofri, Anders Petersen, Mario Zanaria, Fausto Podavini, Moreno Pisto, Alek Pierre, Anna Paladini, Donato Salcito, Edoardo Mantegazza, Alessandra Gerevini, Valeriya Burykh, Doug Rosa, Settimio Benedusi, Andrea Pugiotto, Toni Thorimbert, Diego Orlando.

sabato 4 ottobre 2014

Il suono del Cosmo

Credo che non ci sia cosa che mi appassioni di più che scoprire nuova musica. Sono capace di entrare in fisse inimmaginabili, con ascolti consecutivi a doppia cifra che sfiorano l'ossessione.
Quando poi la scoperta avviene per serendipità, è ancora meglio: navigando per la rete alla ricerca di una cosa che nulla ha a che vedere con la musica, approdi su un sito che suona una canzone che fin dalle prime note ti trasmette qualcosa. Individui la canzone e subito la compri su iTunes. S'intitola "The Moss", il muschio. Il testo è completamente assurdo, con riferimenti a Lewis Carrol e altre favole. Un'ode al nonsense fine a se stessa, racconta l'autore. Cerco il video su Youtube e trovo una performance live registrata a Bekonscot nel Buckinghamshire, il più antico villaggio in miniatura del mondo. Da qui apprendo che Cosmo è un polistrumentista, e io ho un debole per questo tipo di musicisti - ne conosco qualche altro, e infatti questo post nella mia idea originaria avrebbe dovuto inglobarne diversi, ma tale è stato l'interesse che mi ha suscitato questo artista che ho deciso di parlare solo di lui.


Saltellando da un video all'altro, capisco che non si tratta solo di una canzone orecchiabile. Mi trovo di fronte a uno di quei rari talenti che hanno una visione precisa di quello che fanno. Passione, curiosità, personalità. Una performance è in una stalla di maiali, un'altra in una lavanderia a gettoni a Brighton, un'altra ancora a bordo di un peschereccio di seppie, tra onde e schizzi d'inchiostro nero sulla strumentazione.
Ma chi è questo pazzo, mi chiedo con un sorriso incredulo.
Cosmo Sheldrake è un ventiquattrenne londinese che suona 30 strumenti diversi - dai più tradizionali a quelli caratteristici di alcuni Paesi del mondo - avvalendosi anche di campionatori e loop station. La sua musica è un collage di diverse influenze, e anche la tecnica vocale spazia dai vocalizzi della Mongolia e del Tibet fino al beatboxing. Ha iniziato a quattro anni col pianoforte e da allora non si è più fermato, trattando il suono con un approccio che prende ispirazione dal libro "The tuning of the World" di R. Murray Schäfer. Si tratta di un testo di storia, musica ed ecologia scritto nel 1977 che parla di come le persone abbiano progressivamente smesso di ascoltare il suono del mondo, e che invita a riaprire le orecchie per tornare a una consapevolezza di ciò che ci circonda e delle sue influenze sulla nostra percezione. Un tema, un destino: il suono di Cosmo. Eccolo nel pieno dell'espressione di questa "riappropriazione sonora", in un video girato in Bulgaria in cui crea un pezzo registrando e campionando i suoni del posto in cui si trova: il belato di una pecora, il ronzio di un alveare, il colpo di una barra di metallo, le interferenze di un televisore, l'apertura di un pacco di pasta, la risata di una vecchia, un sasso che rotola, ecc.



A volte l'eccentricità di certe composizioni potrebbe sembrare eccessiva, ma tutto si muove in una musicalità molto piacevole, che unita a uno stile scanzonato e ironico dell'immagine conferisce a Cosmo un appeal irresistibile. Almeno per chi, come me, desidererebbe essere circondata da molti più pazzi sperimentatori di questo tipo.