sabato 28 settembre 2013

Via Vincenzo Monti 81

La moquette verde bosco
che bruciava le ginocchia
le porte smaltate col vetro smerigliato
le sagome indefinite
il buio dell'uomo nero
la lucina della notte
il fazzoletto da succhiare
ma solo agli angoli che è più dolce
lo striscione bordeaux del barone rosso
no l'acqua in faccia no
i miei in bagno che parlavano sempre
la cucina bianca
il mio posto a tavola sempre stretto
la bilancia Berkel d'acciaio
con i tondini che giravano alla base
no che la starate!
la cena con il pane inzuppato
nel latte col Nesquik
io a dieci anni con il walkman bianco
della Irradio con l'equalizzatore
sotto le coperte scoprivo la musica leggera
con le cuffie fino a tardi
è tardissimo dormite sono le dieci meno venticinque
che non fai prima a dire sono le nove e mezza
e fino ad allora in sala
sui divani marrone chiaro
così anni ottanta
di quel tessuto che mi dava fastidio
Widor e l'organo che mi terrorizzava
e Prokofiev e Pierino e il Lupo
con Eduardo De Filippo che narrava
poi facevo gli incubi
chiamavo la mamma
no, è tutto finito, era solo un sogno
ma non ricordo mai di mio padre
che faceva la notte e i cesarei
che non sapevo neanche cosa fossero i cesarei
la sua voce non fa parte di quella casa
lui parlava con la musica
tutta la musica classica che conosco
e che ascolto ancora oggi
è la voce di mio padre
e se ora te la faccio sentire
su questo divano
tu forse non sai
quanto fa parte di me
quanto mi è nel sangue
e invece l'hai capito.



mercoledì 25 settembre 2013

Svestìti

Mi cadono i pantaloni, ormai.
Li sollevo da dietro quando esco,
e in due passi sono di nuovo giù.
Non ho cinture qui con me.
Larghi sul bacino ancora rotondo,
fanno pieghe che pensavo traguardi.
Ma forse sono solo sentieri e fossati.
Mi restringo dentro di loro lentamente,
come corpo lavato troppe volte
in acque troppo calde.
Consumata, logorata, erosa da te
che mi scalpelli goccia a goccia.
Li piego su loro stessi,
tirandomene fuori.
Metto una gonna
fatta del tuo drappo di stelle.

domenica 15 settembre 2013

Maria

Maria l'ho fotografata due volte, a pochi giorni di distanza, sia in digitale che in pellicola. La seconda sessione non era preventivata, ma sapevamo entrambe che sarebbe successo.
E' intensa, gioca a modo suo. Sembra restia a farlo, ma quando esce dal recinto delle sue paure è in grado di dare molto. Si è fidata di me senza conoscermi, e la ringrazio per questo.
Per vedere le foto aspetterò, non c'è fretta. Quello che m'interessava di più era di rivivere l'esperienza, mi ha detto quando ci siamo salutate a Roma.

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sabato 14 settembre 2013

Backstage - Madalina Ghenea by TT

Alcune mie immagini di backstage scattate per il servizio di Toni Thorimbert a Madalina Ghenea, per Io Donna.

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mercoledì 11 settembre 2013

Il lungo tempo del corto

Scrivere una storia su (...). 
E' questa la frase che ricorre più spesso tra le note che aggiungo ogni giorno sul telefono, durante e dopo le proiezioni dei corti del Milano Film Festival. Tra appartamenti da visitare, pratiche burocratiche da espletare, lavori da presentare (sì, di già!), relazioni sociali da coltivare e chi più ne ha più ne metta, il momento più bello in assoluto della mia nuova vita è quello in cui chiudo tutto il resto fuori e mi siedo nella sala Scatola Magica del Teatro Strehler, alle ore 15:00 di ogni giorno.


Ci resto più o meno fino alle sei e mezza-sette, quando ne esco - il più delle volte fulminata d'idee per prossimi ambiziosi progetti. E' il primo anno che posso permettermi tali orari e continuità al MFF, e sono stata completamente colta di sorpresa da quanto fertile sia per me questo terreno. Continuo ad appuntarmi cose, assorbo stimoli come una spugna. Mi è chiaro come il cinema sia la sola arte in grado di far confluire nello stesso prodotto immagine, parola e suono, tutte cose che m'interessano moltissimo e che prese da sole non mi bastano mai.
Per me è letteralmente una "scatola magica", quella dello Strehler. Lì dentro vengono proiettate le fantasie, le follie, le ossessioni, i ricordi, le passioni, le denunce, i mondi di quelli che hanno capito le potenzialità del mezzo cinematografico: la loro voglia, anzi il loro bisogno assoluto di raccontare storie che li riguardino, più o meno direttamente. Non c'è cosa che non possa essere espressa, e i modi sono infiniti. Io sono totalmente presa all'amo da tutto questo, tanto che il solo pensiero che con questa settimana finisca il "rito dei corti" mi fa venire le crisi d'astinenza in anticipo. Per me sono pillole a lento rilascio, ne avverto gli effetti benefici anche dopo essere uscita dalla sala.
Mi rendo conto che il Festival nelle fasce pomeridiane sia un privilegio per pochi, anche a giudicare dalle presenze in sala. Inizio a riconoscere alcuni volti, siamo un po' sempre gli stessi a cui ogni tanto si aggiunge qualche altro gruppetto. Il tipo che stacca i biglietti all'entrata della Scatola Magica, vedendomi sempre, mi chiede ogni volta qualcosa di me e dice cose superflue pur di trattenermi un po' lì con lui. E cosa dire del tempo settembrino di Milano? Un piacevole torpore mi accoglie all'uscita, dove c'è sempre un dj-set che suona per i cinefili sparsi sulla scalinata dello Streheler, birretta alla mano. Io me ne sto un po' seduta sulle casse di legno lì intorno, assaporo l'atmosfera, libero la mente, raccolgo le idee. Poi riprendo la mia bicicletta e torno verso casa, con il sole in faccia. La lunga curva di Foro Bonaparte apre a squarci di luce abbaglianti e improvvisi, tanto che a volte devo farmi ombra agli occhi con la mano per vedere la strada. A tratti mi fermo, scatto una foto, scrivo un pensiero. Incido momenti, accolgo la loro scia.
Quello del Film Festival è il primo grande regalo che mi sono fatta lasciando la mia vecchia vita. Tempo, tempo, tempo: la sola vera ricchezza di cui possiamo e dobbiamo disporre.