lunedì 3 gennaio 2011

In the mood for Wong


L'ho fatto di nuovo: ho imparato a memoria la colonna sonora di un film prima di vederlo. E così, quando ieri in treno ho guardato "In the mood for love", mi sono sentita completamente avvolta nelle sue atmosfere come se in qualche modo ne fossi già parte da giorni. Dopo le prime concitate scene di solo parlato, come una regina che si è fatta attendere da una sala gremita di ospiti, arriva lei: la già nota su queste pagine "Yumeji's theme". Mi sono lasciata sorprendere dalla sua delicata eleganza, mentre accompagnava i miei occhi sulle riprese al ralenti della sinuosa camminata della protagonista. Mai mi sarei aspettata un'entrata così regale e rotonda per quella musica già splendida di suo. Compare ciclicamente nel corso del film, come un ritornello che ha una propria vita: è quasi essa stessa un personaggio, una prima donna. Quando essa recita nessun altro parla e rimane unica voce della scena fin quando non decide di lasciare il campo. Io non posso fare a meno di sorridere ogni volta che gli archi cominciano a pizzicare, godendomi tutto il rituale che portano con sè: il punto di ripresa è all'altezza della vita e rigorosamente da tergo, le forme curve e snelle dei corpi femminili che si muovono tra i corridoi e le stanze delicatamente illuminate sembrano sciogliersi nelle nuvole di fumo espirate dai personaggi misteriosi, che si sussurrano a vicenda frasi che paiono segreti. Il ritmo della camminata è sincronizzato con quello della musica e "tira" lo spettatore ipnotizzandolo dolcemente. Gli abiti si pennellano sui fianchi e salgono a colmare il corpo di eleganza fino alla nuca, come a voler chiudere in pacchetti perfettamente sigillati una sensualità che non si può imprigionare perchè trasuda attraverso tessuti che sembrano dipinti a mano. I movimenti della macchina da presa seguono quel lento incedere che narra, da solo, un'intera storia, inframmezzati da carrellate laterali che accompagnano e uniscono lembi di vite che s'incrociano simultaneamente, come nastri di un fiocco che si forma con delicatezza allacciando l'uno all'altro i due rassegnati protagonisti.
Infiniti silenzi interiori, paure, dolori, incertezze s'intingono nell'onnipresente gesto del cibarsi: ora di aromatiche zuppe, ora di succose carni, ora di spaghetti di riso. Di tutto ciò che è caldo conforto e condivisione della propria fragile umanità: il cibo visto come ponte tra due solitudini, come contraltare di una quotidiana deglutizione di amarezze. Le cupe atmosfere interiori sono ulteriormente inzuppate da violente piogge improvvise, sotto le quali si consumano, in contrapposizione con il disagio dell'umidità, gesti di tenerezza in attimi sospesi nel tempo. Così come atemporali sono le realtà parallele che i protagonisti vivono di riflesso: il Giappone e l'"estero", dimensioni indefinite dell'adulterio; oppure piccoli mondi che essi stessi creano (la simulazione di una confessione), o che si ritagliano per uscire dalla consumante malinconia (la stanza di un albergo). In tutto questo, delizia assoluta la fornisce un Nat King Cole che, con le sue "Aquellos ojos verdes" e "Quizàs, quizàs, quizàs", conferisce un che di esotico alle atmosfere orientali dell'ambientazione: la romantica leggerezza delle melodie non smentisce nei testi delle canzoni lo stato che avvolge i personaggi principali. Un sentimento d'incompletezza li pervade in un gioco di sottili riflessi: dialoghi che sembrano costruiti specularmente, a dipingere non solo le stesse interiorità ma, ironicamente, anche gli stessi fatti che le determinano. Il doppio impregna ogni cosa. Come non perdersi nell'amore per qualcuno quando quest'ultimo non è che un altro se stesso? Questo amore non trova mai totale ed eclatante sfogo, ma al tempo stesso si compie ugualmente nell'ambito dell'illusione che attraversa l'intera vicenda. Esso non pretende nulla di più di quanto lo ha generato: non il desiderio, ma la condivisione di uno stato.
Ultima, ma non meno importante nota, i colori: rossi profondi, ocra, verdi, beige e grigi caricano la pellicola delle stesse note emotive narrate nella storia, con una cura e un accordo tra i diversi elementi della scena davvero notevoli. I luoghi stessi raccontano così le pieghe dei segreti di un incontro generato di riflesso da altri incontri, facendo da vivo sfondo a gesti di una quiete incredibilmente composta. Ricco di simbolismi e scomposizioni, questo film ha molte chiavi di lettura, tanto che meriterebbe di essere visto e rivisto per metabolizzarle tutte. L'ho adorato, veramente. Un mood for love raccontato così ti si cuce addosso come un vestito del quale non vorresti spogliarti.

Nessun commento:

Posta un commento