venerdì 4 gennaio 2013

Doppler

Un ritorno caloroso, non caldo. La casa è sempre troppo fredda.
Riconosco i volumi, ne riprendo misura. Mi sorridono un poco, mi pare.
L'occhio cade su un angolo tra pavimento e muro, raggiunto dal pensiero che in questo spazio mi è possibile scrivere. Non ci sono disturbi, e ciò che mi urta è solo mia responsabilità.
Non c'è molto da mangiare, apro la dispensa e trovo scatole di sapori noiosi. Li assumo ugualmente, come si fa con le medicine da prendere con cadenza regolare - al gusto penserò domani. Domani. Sono niente rispetto all'enormità del suono acerbo della sveglia, e quando salgo le scale verso l'ufficio mi sento un eroe. Davvero riesco a fare questo tutti i giorni?
E' il mio compleanno. Tantissime voci ovunque, anche quelle che non ho voglia di sentire. Ringrazio, continuamente. Pensano a me, è una bella cosa. Lego il motorino fuori dalla piscina e sorrido dell'automatismo inconscio del Ah è il tuo compleanno? Auguri! Auguri di cosa? L'importante è farli. Tutti quel giorno lì, strabordanti, e poi basta. La parabola discende verso la fine del giorno, malore e malessere. Cerco di affogarlo nell'acqua, ma è denso e galleggia bene. L'istruttrice mette della musica davvero tremenda, ogni volta mi riprometto di non andare alla lezione del giovedì, ma cosa vuoi. Basta avere quei dieci minuti di acqua bollente dopo, con il costume appeso davanti a me nella piccola cabina. Gocciola. Lo strizzo. L'acqua scende verso il cavallo e riprende a gocciolare. Lo strizzo di nuovo. E intanto penso, poi osservo. Le donne che escono dalle docce hanno corpi umani, imperfetti in un modo confortante. Ma non sono attraenti, non c'è femminilità nel portarsi. Sono tutte diverse e su ognuna la vita ha lasciato segni.
Non ero così magra da tempo. I jeans formano pieghe vuote prima inesistenti, si aggrappano ai miei fianchi come mani appese alle pareti di una roccia. Sono mani forti, non molleranno la presa.
Non spengo candeline, non soffio desideri. Non stappo bottiglie, non bevo ebbrezza. Ma per un attimo di fiori e baci sorrido, e il profumo resta a farmi addormentare.
Di nuovo in ufficio, sala d'attesa di un turno che non arriva. Quanti numeri mancano? Tutti quelli delle mie qualità inespresse. Occupo il tempo come fossi in doppia fila, con il senso di colpa del posto sbagliato al momento sbagliato. Prima o poi qualcuno andrà via e mi lascerà spazio. Ovviamente quel qualcuno sono sempre io.
Cosa devo dire. La luce attraversa i pensieri come un'auto in corsa nella notte. Effetto Doppler su buio inquieto.
Presto farà giorno.

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