giovedì 12 gennaio 2012

Notte complice

Sono al caffè con alcuni colleghi e tutti raccontano dei loro prossimi (ma anche degli ultimi) viaggi. Mi allontano mentalmente dal nauseante contorno di tariffe aeree per bambini, luoghi più o meno adatti alla gestione della figliolanza, ecc. e mi ritrovo a fare una constatazione: per tutta la vita i media ci costruiscono miti su questo e quel posto, che in teoria dovrebbe essere meraviglioso, avventuroso, con colori stupendi, animali esotici, architetture ultramoderne o monumenti pieni di storia. Nessun problema, il turismo è un business enorme e chi ci lavora fa bene a promuoverlo. Il problema probabilmente è mio: non ho potuto fare a meno di ammettere che è veramente tanto tempo che non rimango senza fiato in un luogo nuovo. Giuro. Con il risultato che viaggiare mi è diventato quasi più un peso che un piacere. Ho lacune importanti - Parigi, Barcellona, Praga, Berlino, Amsterdam e Stoccolma per citare solo alcune città europee dove vorrei andare - ma ho visto e vissuto parecchio mondo fin da quando ero piccola, in posti dei quali probabilmente solo una minima parte di voi conosce l'esistenza. E' tanto che non provo quell'ineffabile senso di ricongiungimento con qualcosa di sconosciuto ma al tempo stesso accogliente. Una meta che non amo alla follia causa turisti, ma che per varie vicissitudini da alcuni mesi continua a parlarmi di sè, è Venezia. Ci sono stata molte volte, eppure ora, proprio mentre sono al caffè coi colleghi, mi rendo conto di non averci mai passato una notte. Lo vorrei fare per come sono ora, camminando, fermandomi a scrivere, filmando, ascoltando musica, spegnendola. Senza dovermi guardare le spalle, senza preoccuparmi di nulla se non di quel momento regalato a me stessa, di quella serenità nascosta, sentendomi protetta da un complice invisibile.

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