martedì 21 agosto 2012

Ubiquità temporale

Ci sono molte donne che io non sono. E altrettante ragazzine che io non sono stata.
Mi è chiaro più che mai guardando le foto degli altri. Tempi che si mischiano mostrandomi l'oggi di un'età che per me era ieri. Il dove, il come, il cosa i ventenni fanno nel tempo presente.
Sullo sfondo, la scenografia di una Milano che è lì com'è sempre stata, come io la ricordo. Con i suoi palazzi fatti proprio in quel modo, i colori privi di dubbi, la cura indifferente. Altezzosa e mesta, fredda e vecchia la mia città.
Pensavo di non ricordare più. Di aver salvato solo alcuni fotogrammi, spesso gli stessi di una macchina fotografica che andava a pellicola per necessità e non per feticismo.
E invece subito m'invade la sensazione dello stare insieme al compagno, al complice, al giovane esploratore, immersi in quello che sembrava tutto.
Le mie scelte sono sempre state, per la me di oggi, un po' opinabili in fatto di compagnia maschile. Così rassicuranti, spesso brillanti più per l'intelletto che per l'indole, così presentabili.
Di allora, dei miei diciotto o vent'anni ricordo soprattutto questa Milano sicura. Spiritualmente elitaria, se possibile. E dall'altra parte della linea da non valicare, che neanche vedevo, la paura. La minaccia. Gli uomini sporchi, che non avevano nulla da perdere, che non lasciavano intentata l'occasione di aggredirti verbalmente con le loro fantasie. Occhi bassi, orecchie distratte, e passare via come se non esistessero. Ma intanto il cuore batteva forte, nei passi o nella corsa a cui qualcuno mi ha costretto. Questa Milano la temevo, e odiavo il fatto che le lasciassi limitare la mia azione.
Per anni sono uscita con lo stesso gruppo di amici, ogni venerdì e sabato. C'è stato un periodo in cui tutte le settimane facevo dolci per loro. Mi piaceva invalidare la proprietà commutativa con gli ingredienti: gli stessi addendi davano ogni volta una somma diversa. A volte il posto per mangiarli c'era, sul tavolo di quello che chiamavamo l'ufficio. Che poi un ufficio era, in effetti. Del padre di uno di loro. Altre volte capitava che li mangiassimo in piedi per strada, o a casa di qualcuno.
Era tutto semplice. Ogni cosa si faceva ancora prima di averla pensata. Le opzioni erano tante, e il tempo rendeva possibile il non doverne scartare nessuna, o quasi.
I marciapiedi di Milano - mi accorgo ora vedendoli in foto - sono come solo lei li sa trattare. Quello che succede sul loro asfalto si riconosce al volo, come se fossero parte di un film già visto ma non ancora girato. La pietra dei suoi palazzi, il disegno delle facciate. L'odore della pioggia che riesci a sentire anche solo con il pensiero.
Di tutto questo non si accorge chi continua ad abitare quel luogo e quel tempo.
Chi non è cambiato come ho fatto io in questi sette e passa anni.
Chi non è costretto, ora, a rendersi conto che di quel mondo non fa più parte. Anche se vorrebbe non avere interrotto i rapporti con esso, solo per mettersi insieme a un'esperienza diversa che l'ha infine tradito.
C'è ancora una possibilità, Milano? Come ti troverò, invecchiata come me di qualche anno ma con le stesse energie di un tempo? Da te voglio tornare da donna che ti ama, e che solo adesso sa che non si stancherà delle tue rughe. Che riderà con tenerezza del tuo sforzo di essere sempre perfetta nonostante i tuoi abitanti. Che inveiscono contro il tuo rassicurante grigiore, la pioggia che non dà tregua. Quell'essere sempre tutta bagnata e impietosa, che quando arriva il weekend va via quel poco sole che ti aveva preso in giro mentre dovevi stare rinchiuso a studiare o a lavorare. Quei manichini che dall'alto dei loro privilegi in carta velina popolano i tuoi bei locali pretenziosi, contraltare dei ragazzi che si siedono per terra nei pressi dei Navigli mentre fumano sigarette arrotolate intorno al vero tabacco e bevono birra dalle bottiglie.
Non so se, non so quando ritroverò quella città.
Più di ogni altra cosa vorrei ritrovare me, e benchè si dica che non è il cambiamento di scenario a guarire certe infezioni dell'animo, io so che Milano un po' mi ha in sè. E so che posso riapplicare i suoi tessuti ai miei, innestandoli come piante per far ricrescere i germogli di quello che ero allora, da qualche parte immersa.
Là e ora, qua e ieri allo stesso modo. In ubiquità temporale.


2 commenti:

  1. Nel caso, Milano sarà più bella.

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  2. Ti ho scoperta per caso, su twitter, in un marasma di frasi e di volti che sgomitano per dar voce ai pensieri di qualcuno. Bella sorpresa, in fondo il mondo è pieno di persone interessanti, basta avere la curiosità di cercarle. And72rea

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