martedì 28 maggio 2013

The seventies

Venga giù, le faccio vedere anche l'appartamento di sotto. Per farle capire il livello. Che, per inciso, secondo lui era alto. In sala un muro completamente dorato, roba che secondo me neanche a casa Versace. Fortunatamente il livello dell'appartamento per cui avevo fissato il sopralluogo era radicalmente diverso, e sul finale del post capirete perché.
Nel mio recente excursus tra le locazioni milanesi - ma sono certa che nessuna città faccia eccezione - mi sono resa conto che l'unico modo per non uscirne trafitti nel costato dell'estetica è cercare appartamenti non arredati. La maggior parte di quello che il mercato propone sembra rimasto congelato intorno agli anni settanta, con picchi di modernità zippata in monolocali dove dormire in verticale o rivisitazioni vintage palesemente artefatte. A un certo punto dell'evoluzione architettonica sembra che tutti siano stati colpiti dal misterioso virus dell'archetto, che fa la sua comparsa tra le mura degli appartamenti milanesi puntuale come la varicella nei primi anni di vita. La casa è un po' anonima? Piazziamoci un bell'archetto! Rigorosamente profilato da mattoncini a vista. Un'altra chicca sono le "pareti attrezzate" dei salotti. Una distesa di legno color nocciola assolutamente indefinibile, omogenea, simmetrica, impreziosita nei casi più fantasiosi da qualche vetrinetta. Divani ormai stravaccati su se stessi, pavimenti in marmetta di cemento di qualsiasi genere, ma attenzione, tutti diversi da stanza a stanza.
Il momento in cui il padrone di casa, o l'agente immobiliare secondo i casi, gira la chiave nella serratura e la porta mostra il primo spiraglio degli spazi domestici è un attimo di apnea trepidante. Il mio sguardo va immediatamente sulla pavimentazione, sperando di non trovare le suddette marmette o le tanto odiate piastrelle - non voglio apparirvi snob, ma dopo otto anni ho proprio un conto in sospeso con le piastrelle: mai fatta una foto che includesse il pavimento, un incubo. A dire il vero tutta la mia casa romana non si è mai prestata a farci foto, ed è una cosa che mi è sempre pesata molto. Qualcuno che capisce bene queste cose, e che ha potuto rendersi conto in loco personalmente di tutto questo, mi ha dato un consiglio che mi ha guidato lungo tutta la mia ricerca di casa a Milano: la tua prossima casa dovrà essere giusta per le foto. In termini di luce, certo, ma anche di spazi e soprattutto di energia. Perché le case hanno tutte la propria energia, non c'è niente da fare. E' quella che si avverte quando la sua porta ci viene aperta per la prima volta e si muovono i primi passi nei suoi locali. Le case sono un po' come le persone, a pelle ci danno sempre una sensazione di un certo tipo: in linea di massima, capisci subito se ti ci prenderai o meno.
Nell'ultimo mese ho guardato centinaia di annunci e foto, battendo le zone di mio interesse come una volante di pattuglia, selezionato attentamente e visionato una quindicina di appartamenti. Ho sviluppato il senso della casa finta, quella che vuole farti credere di essere molto più di quello che è, stile tipa con le extension e le unghie ricostruite, così come il senso della sòla sincera, quella che se ne sta lì a sfoggiare bellamente il suo collant smagliato e magari ti mostra anche il dito medio. Avete presente. In tutto questo, tenevo bene a mente il mio mantra e non mi perdevo d'animo, anche se la mia scelta provvisoria non mi convinceva del tutto. Del resto quando vedi solo case sbagliate, quella che ti sembra la meno sbagliata diventa progressivamente sempre più quella giusta. Ma bisogna fare attenzione a non prendere lucciole per lanterne e non cedere troppo ai compromessi.
Poi ti capita anche di trovare anche cose inaspettate, e questo rende la ricerca anche divertente. La casa sorpresa stava al piano attico di una via tra le più eleganti di Milano. Mi guida la mamma anziana della proprietaria, una vecchina coi capelli ricci e l'aria di chi ha cucinato tanti biscotti. Sguardo al pavimento sulla soglia, e già non ci siamo: piastrella bianchiccia. Intanto che la signora alza le tapparelle svelando i contorni degli spazi, mi ritrovo proiettata nel solito scenario degli anni settanta congelati. Alla parete legnosa e al divano stanchissimo si aggiunge un tavolo rotondo con quattro sedie intagliate, con tanto di tovaglia e brocca azzurrina. Quella cazzo di brocca, che poesia. La cucina giallo canarino, con le ante della credenza profilate di scotch decorativo stile Castorama, il bagno azzurro intenso con un water inserito in diagonale nell'angolo. Ma come ti viene in mente. Man mano che giro per casa mi accorgo dei particolari: è piena di specchi. Sul retro delle porte, intere pareti in bagno, ovunque ti giri ti rivedi. Le tende sono bianco-azzurrine e hanno l'aria di non aver visto acqua e sapone neanche sul viso di un'adolescente. In camera da letto c'è persino una sorta di spogliatoio, stile camerino di negozio. Anche quello, ma come ti viene in mente. In compenso c'è una terrazza da capogiro, con vista su mezza Milano. Altro pezzo forte è una verandina ricavata da un balcone chiuso da una vetrata, che la incapsula in uno spazio tra il dentro e il fuori. Una scrivania su misura, smaltata di bianco, con tanto di cassetti e un calabrone gigante stecchito a terra. Lo battezzo immediatamente "l'angolo dello scrittore", e ne resto stregata. Penso che ci potrei scrivere un romanzo. Per un po' provo a calarmi in questa visione un po' bohémienne di me, in una casa assurda con i mobili colorati stile scuola materna e la bellissima terrazza, i cazzo di specchi che fanno parlare tutti i muri tra di loro e il bagno con il water diagonale. Lampade bellissime, vero vintage. Quella della camera da letto gliel'avrei staccata dal soffitto all'istante: fasci di lamine metalliche ovali concentriche tutte avvolte una intorno all'altra. Chissà che luce assurda faceva. Scatto qualche foto, e mi rendo conto di essere già soddisfatta di quelle. Non si vive in una capsula di vetro o su una terrazza con in mezzo un po' di casa anni sessanta - sì, questa andava persino più indietro della media. Un conto è vedere uno spazio, un altro è viverlo.

La casa sorpresa

Scegliere una casa è un atto estremamente istintivo. E' una delle rare occasioni nella vita in cui si richiede di basarsi per forza sul colpo di fulmine.
E così succede che la sera prima di ripartire per Roma vedi un annuncio, chiami l'agente e fissi un sopralluogo per la mattina seguente, un'ora prima di salire sul treno. Succede che hai un incidente in macchina mentre ci vai, ma riesci a raggiungerla ugualmente. Succede che il padrone di casa gira la chiave nella toppa, lo sguardo va al pavimento e non c'è la piastrella, non c'è la marmetta, ma un bel rovere scuro a listoni opachi. Succede che le tapparelle si aprono a una bellissima luce che attraversa la casa da destra e sinistra, e che non c'è nessun mobile a disturbare la fantasia. Ok, c'è l'archetto, ma quello, come ormai sappiamo, è come la varicella. Se non altro non ha i mattoncini a vista. Nessun decennio congelato, tutto è estremamente fluido e caldo.
E' quell'energia affine, è la casa giusta per le foto.

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