C'è un soffitto che mi aspetta, a qualche chilometro da qui.
L'ho guardato oggi, per la prima volta veramente.
Ho visto una faccina nella trave di legno sopra ai miei occhi.
Un sorriso congelato in un nodo dipinto di bianco.
Stava facendo buio, la luce al piano di sopra spenta.
Arrivava, calda, quella da giù.
Vedevo fuori, attraverso la grande finestra sopra la porta, ma non stavo proprio guardando.
Ero sdraiata, e sapeva di bucato fresco.
Una casa comincia a esistere solo nel momento in cui metti le lenzuola al suo letto.
Prima è porto di mare, terra di tutti e di nessuno.
Me ne stavo lì, dopo una giornata passata ad assegnare un nuovo posto alle mie cose.
Quello dove le ritroverò ogni giorno, con gesti abitudinari.
Non c'era immaginazione di futuro, piuttosto un sapore di passato già assaggiato.
Come l'avessi conosciuta da sempre, quella luce, quell'atmosfera.
In quel momento ho capito che ci sarei stata bene.
In quel momento ho deciso che la notte seguente l'avrei dormita lì, e poi tutte le altre.
Nonostante il casino e il mio mondo ancora per aria.
Ché mischiare le carte, i libri, i vestiti, le lampade, le spezie, gli asciugamani, i contenitori e i contenuti
è sempre una buona cosa.
Le prime volte ci sono ancora, ci sono sempre.
A domani.
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