sabato 27 aprile 2013

Tre secondi

È stato un attimo. Una fotografia non scattata.
Camminavo per una via qualsiasi, con una musica nota nelle orecchie. Senza borsa né ombrello, mentre l'asfalto continuava a punteggiarsi di un'acqua indecisa. Scattavo foto, cercavo negli angoli cose non viste. Finché un'invisibile ha visto me, come se mi avesse chiamato da qualche metro più in alto. Di colpo ho alzato la testa e ho visto una vecchia dentro una casa. Guardava giù attraverso una finestra sul lato di un palazzo. La stanza buia, nessuna tenda. Avrei giurato che non suonasse alcuna musica, né che ci fosse un televisore acceso. Quasi spettrale.
La donna era seduta, ma non aveva l'aria di essere comoda. Probabilmente aveva avvicinato una sedia alla finestra, una poltrona non sarebbe stata abbastanza alta. Quella nei suoi occhi non era proprio tristezza, ma l'ombra della solitudine. Nei tre secondi in cui i nostri sguardi si sono incrociati, il suo piccolo mondo vuoto mi si è mostrato in tutta la sua disperata verità. Come un riflesso incondizionato, ho alzato impercettibilmente le sopracciglia, mentre lei non staccava gli occhi da me. Io, con i miei trent'anni, i jeans e il giacchetto di pelle, una sciarpetta di lino chiara che svolazzava mossa dal ritmo di passi decisi, con le grandi cuffie bianche sulla testa a dettarmi il mood. Io, che cosa avrei potuto saperne di una sedia accostata alla finestra per vedere la vita degli altri. Ho accennato un sorriso, aperto quanto bastava per non sembrare indiscreta. Lei è rimasta immobile, il viso di pietra. Mi è passato per la mente di suonare al citofono, schiacciare tutti i nomi fino a quello giusto, per salire da lei. Per, non lo so, bere un tè insieme. Raccontarle qualcosa, dirle che l'avevo vista e che non era così sola, o forse sì ma non in quel momento.
Ma il tempo di fare quei pochi metri prima che il lato del palazzo scomparisse dietro i miei passi, e tutto ciò che sono stata capace di pensare è che avrei scritto di lei, di quello che mi ha passato. Tre secondi bastano per immaginare, ma per capire occorre più coraggio.

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