giovedì 23 febbraio 2012

L'incubo


Gli incubi di quand'ero piccola, certi me li ricordo perfettamente ancora oggi. Pelle scorticata, ferite, impotenza, paura. Si mischiano con l'oscurità del corridoio, il pavimento con la moquette verde e le tracce di gesso bianco, le porte con il vetro smerigliato, socchiuse. Da lì il buio entra lo stesso, posso solo provare a ignorarlo. Un dettaglio torna alla mente, strizzo gli occhi per chiuderlo fuori ma lui si riaffaccia senza avere pietà della mia richiesta - basta... fammi dormire... non voglio rivedere... non voglio rivivere. E invece è come un pendolo, che va e viene ineluttabilmente. Allora accendo la lucina bianca, ma non posso stare così fino al mattino. Ho sonno, però non voglio tornare ancora lì. Provo a girarmi sull'altro fianco, così per forza si gireranno anche i pensieri. Sul fianco destro c'è l'incubo, sul sinistro va tutto bene. Chiamo la mamma due o tre volte e lei arriva in camicia da notte, con gli occhi piccoli come asole. Ma no stai tranquilla, dormi... è solo un brutto sogno. Mi riaddormento per tuffarmi in un altro sonno confuso, forse ancora contaminato dal precedente. 

Ora quando faccio gli incubi sono sola e il mio letto è grande. Lo occupo tutto, sto in mezzo, prepotentemente. Mi è capitato di non riuscire a svegliarmi, sospesa nell'intenzione razionale che prova a spingere una porta dietro la quale si oppone qualcosa di oscuro: un braccio di ferro che toglie il respiro. Quando riprendo coscienza è un sollievo inquieto, una vittoria di Pirro. La notte è persa, non potrò riaddormentarmi facilmente. Devo alzarmi, scrollare il pensiero agitando anche il sangue. Rimango incagliata nelle immagini, nelle suggestioni che si ripropongono. Accendo la lucina rossa e percepisco il domani come una realtà parallela, che con questa qua non può incontrarsi. L'unico modo è richiudere gli occhi, ma rimango sempre un po' vigile. A strattoni, le rette s'incurvano come binari ubriachi che mi portano, in qualche modo, al mattino. Nel sonno spengo la luce rossa e il giorno mi accoglie con quella solare che filtra, puntinata, attraverso la tapparella. Lavarsi, truccarsi, vestirsi, uscire, accendere il motorino e guidare, ripensando a tratti a quel soffocamento che chissà dov'è, chissà perchè. 
L'incubo è il punto di non arrivo da cui ritorno senza capire.

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